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incesto

La Masseria


di Mariselle
11.04.2015    |    56.914    |    78 9.6
"Ad un certo punto il furgone si fermò, il fattore rimise la prima marcia per iniziare una salita ripidissima di qualche km che avrebbe percorso sempre con la..."
Eravamo giunti in aeroporto, all’ingresso degli imbarchi ci salutammo con un abbraccio, mi stavo incamminando, sentii un bisbigliò “Promesso?”
“Cosa?” risposi facendo la tonta, “... il privé?..”, continuai a fare la tonta, poi sorrisi, e gli risposi “Forse”. Gli mandai un bacio sfiorandomi l’indice e mi allontanai. Attraversai l’ingresso, mi girai ed era ancora li a salutarmi con la mano.
In aereo, ripensai a Fabio. No, non era l’amore della mia vita, avevo 26 anni, ero agli ultimi due esami di medicina con una buona media, mentre lui aveva dieci anni più di me, era già laureato e si stava specializzando. Entrambi provenivamo da storie particolari, lui appena diplomato aveva messo incinta la sua ragazza sposandola, ma nonostante il figlio, la cosa non aveva funzionato e dopo pochi anni si erano lasciati, quindi aveva ripreso a studiare per laurearsi.
Mentre io avevo commesso l’errore di fidanzarmi in quarta ginnasio, lui era gelosissimo, mi pedinava, ero costantemente succube della sua possessività, non respiravo. Tutto questo durò per tutti e cinque gli anni delle superiori, poi iscritta all’università riuscii a lasciarlo, riprendendomi la mia vita.
Avevo avuto altre due storie, senza grandi coinvolgimenti, avevo sofferto molto con il primo ragazzo e adesso la mia priorità era studiare, laurearmi e realizzarmi, quindi, Fabio da circa tre mesi era per me un amico, l’uomo del sesso. Ci vedevamo ogni volta che ne avevamo voglia. Nessun obbligo, ne controllo, un rapporto discutibile, ma che ci consentiva di studiare e vivere la vita come volevamo. Le sue fantasie erano di vedermi posseduta da più uomini, mi piaceva, ne avevamo parlato, durante alcuni momenti voleva strapparmi la promessa che saremmo andati in un privè, si forse, ma se ci saremmo ancora visti, avevo deciso di troncare questa storia adesso, in occasione delle vacanze estive.

L’aereo atterrò in perfetto orario, uscii dalla porta automatica degli arrivi, in mezzo ad una calca di gente che attendeva. Un po’ più arretrata notai la figura discreta ed elegante di mia nonna.
Ci abbracciammo, mi guardò e disse, “Ero nascosta da quel gruppo di uomini corpulenti, poi mentre si agitavano e guardavano tutti rapiti in un’unica direzione , ho capito che stavi uscendo”
Sorrisi, colpita da tanta arguzia e dal complimento che non mancava mai di farmi, la strinsi a me, mentre eravamo dirette alla sua auto.
In effetti sono sua nipote e quindi la mia bellezza da qualcuno doveva provenire, c’erano delle somiglianze. Sono alta 1,75 un po’più di lei, bionda, occhi verdi ed ho un bel corpo, esile ma con belle forme, ed in particolare belle gambe, come lei, nonostante i suoi 65 anni.

Eravamo dirette alla sua masseria dove insieme a mio nonno vivevano. Erano proprietari di terreni coltivati a grano, oltre ad ulivi e vigneti, classiche colture dell’entroterra pugliese.
La masseria era stata costruita dai nonni di mia nonna a metà dell‘800 e negli anni aveva subito modifiche ed ampliamenti, era su due piani e disponeva di una decina di camere, accanto c’erano altri fabbricati, per gli attrezzi e i trattori, oltre alle stalle con numerosi allevamenti.
Si trovava su una collina, da dove si vedeva il mare, distante circa dieci km che si poteva raggiungere percorrendo una strada interna, tortuosa e ripida.
Entrammo nel vialetto ed intravidi la masseria nel suo stile neoclassico bianca e maestosa, parzialmente nascosta da alberi secolari .

Durante il tragitto mi raccontò che mio padre, che è veterinario, era già arrivato dalla mattina, chiamato da mio nonno per una cavalla gravida che stava partorendo, mentre mia madre e mio fratello sarebbero arrivati l’indomani.
Eravamo li per le nostre vacanze estive, io studiavo al nord, mentre i miei vivevano in città a 40 km dalla masseria.
Arrivammo ed erano tutti nella stalla dove la cavalla stava per far nascere il suo puledro, mio padre indossava una casacca e dei guantoni, mi avvicinai baciandolo con tenerezza e chiesi se potevo essere utile, mi diede un bacio e mi disse ironicamente di pensare agli umani, al massimo potevo passare i ferri necessari, quindi indossai anch’io casacca e guanti e li aiutai.
Fu una bella esperienza, nacque un bel puledrino che dopo un po’ riuscii subito a mettersi in piedi, soddisfatti ci dirigemmo verso casa.

Ero affamata e stanca, cenammo e subito dopo mi congedai. Mentre stavo andando nella mia camera, ricordai che nella fretta avevo lasciato il borsone nell’auto di mia nonna, quindi mi diressi a prenderlo, da lì intravidi le luci della stalla rimaste volutamente accese ed il senso materno, oltre che di medico, mi portò a tornare dal puledrino.
Era uno spettacolo unico, la cavalla lo leccava continuamente. Era una bella scena, vidi accanto a me, delle balle di fieno accatastate in fila per quattro, in pratica un muro quadrato, salii come avevo fatto tante volte sin da bambina e mi stesi, per osservarli e fotografarli dall’alto con il cellulare.
Scattai numerose foto, affascinata dalla visione, mi rilassai piacevolmente, ero contenta di essere li, ma anche molto stanca e non so quanto tempo trascorse, perché dopo un po’ mi addormentai.

Fui svegliata dal rumore dei passi, di scatto, mi destai, poi frenai i miei movimenti e pensai che poteva essere il figlio del fattore che aiutava mio nonno, rimasi in silenzio, di notte da sola su delle balle di fieno, con una minigonna, avrei rischiato di lanciare dei falsi messaggi, visto che per tutta la sera aveva continuamente fissato le mie gambe.
Fui invece rincuorata dal veder arrivare mio padre e mia nonna, era una bella scena, guardavano la cavalla e mio padre aveva un braccio sul collo della mamma.
Emozionata, cercai il cellulare per altre foto, non volevo distoglierli, volevo cogliere la semplicità dell’abbraccio, rispetto ad una foto in posa, quindi feci in silenzio.
Mentre iniziai ad inquadrarli, rimasi pietrificata.
Si erano nascosti tra il muro di fieno ed un lato della stalla e si stavano baciando sulla bocca.
Non capivo, per un secondo pensai ad un effetto elettronico del mio cellulare, tolsi il cellulare, ma la scena era vera, si stavano baciando realmente, dall’alto li vedevo benissimo, mi appiattii sul fieno per evitare di essere vista, vidi poi mio padre alzare la gonna e mettere la mano in mezzo alle gambe della madre, le abbassò la mutandina ed iniziò a toccarla, mentre lei lo toccava sui pantaloni.
Continuavo a non capire, accadde tutto velocemente, lui si abbassò il pantalone, lei si inchinò e glielo prese in bocca, poi lui lo tolse dalla bocca, la girò, le alzò la gonna e inizio a leccarla da dietro, erano molto eccitati e notavo una sequenza di movimenti di chi l’aveva già fatto altre volte.
Mio padre si inumidii le dita, le sfregò prima nella vagina di sua madre e poi sulla punta del suo membro ed infine da dietro la penetrò. Notai la flessione ed il piacere di mia nonna nell’atto, mentre con le mani, da dietro, spingeva il bacino di mio padre verso di lei.
Ero a circa quattro metri sopra di loro, pietrificata dalla visione, se mi avessero scoperta, non sapevo chi sarebbe stato più imbarazzato, io che involontariamente li spiavo o loro, mio padre e mia nonna che scopavano sotto di me.
Lui cominciò a sbatterla forte da dietro, la stalla era distante dalla casa, ma in piena notte quel rumore poteva non passare inosservato, mentre lei in silenzio ansimava e faceva capire tutto il suo piacere.
Sentii venire lei con un sibilo silenzioso e dopo un pò venne lui, completamente dentro, con un piacere soffocato.
Stettero abbracciati, mentre erano ancora uniti, lei si girò verso di lui e si baciarono toccandosi con la lingua, poi lui tolse il membro, mentre mia nonna si abbassò e si tenne sulle ginocchia nell’atto di far uscire lo sperma dalla vagina.
La sentii far pipì, mentre mio padre le avvicinò il membro alla bocca e lei iniziò a leccarlo e pulirlo.
Lei si alzò la mutandina, si guardarono per controllare se avevano un immagine tranquilla ed uscirono dalla stalla, spegnendo le luci.
Rassicurata nel vederli distanti, feci un sospiro lunghissimo, ero tutta sudata, cercavo di governare le immagini e le idee che in quel momento ruotavano intorno a me.
Mio padre e sua madre, cioè mia nonna che scopavano? Se me lo avessero raccontato non ci avrei creduto, neanche se fosse venuto Fabio con un film porno, dal titolo: “Sesso in campagna tra madre e figlio” – glielo avrei lanciato dietro, come avevo già fatto per titoli meno audaci.
Attesi per un po’, per non rischiare d’incontrarli, tentai di alzarmi per scendere, ma mi sentivo appiccicata. Ero bagnata di sudore ed avevo tutto il fieno incollato sul culo, mi controllai, lo slip era inzuppato.
No, non era sudore, mi toccai ero allagata del mio liquido, mi ero eccitata.
Non volli pensarci, scesi dal fieno ed in silenzio raggiunsi la masseria.
Salii su per le scale che portavano al secondo piano dove c’erano le camere da letto, lentamente e nel più assoluto silenzio raggiunsi la porta della mia camera, posta vicino alla scalinata e finalmente entrai, mi lavai nel bagno che avevo in comune con la camera di mio fratello e nuda mi stesi sul letto.
Ero agitata per ciò che era successo, decisi di masturbarmi, mi avrebbe stancata e conciliata al sonno, mio padre era stato oggetto di desiderio nelle mie prime masturbazioni e fu facile eccitarmi nel pensare a ciò che avevo visto, ma volutamente pensai ad altro, volevo essere razionale e quindi trasportare nel piacere quanto accaduto non mi avrebbe resa obiettiva. Pensai a Fabio e alle sue fantasie di portarmi in un privè e farmi possedere da più uomini, venni immediatamente e poco dopo mi addormentai.

Alle quattro mi svegliai, tentai di riaddormentarmi, ma rivissi la scena, il vivo ricordo di ciò che avevo visto mi svegliò completamente e focalizzai ogni dettaglio.
Il pensiero andò subito a mia nonna e a mio padre, poi a tutta la famiglia.
Mia nonna era l’unica figlia di una famiglia benestante proprietaria di numerosi terreni della zona, dopo la morte dei suoi genitori, aveva ereditato tutto e con sagacia conduceva l’attività dell’azienda agricola di famiglia. Un estate conobbe mio nonno, bell’uomo, statuario, di origini irlandesi, era venuto in vacanza in Puglia con degli amici. Si conobbero, ebbero una storia che durò un’estate, poi si dimenticarono. L’anno successivo, lui tornò, e trovò lei fidanzata con un altro, ci rimase male, ma non si diede per vinto ed iniziò a corteggiarla insistentemente, mia nonna lo tenne per un po’ sul filo, poi, come spesso ripete, complice la delusione della storia che aveva appena intrecciato e colpita da quest’uomo dai lineamenti nordici, subì affascinata la sua corte fino a sposarlo.
Dopo qualche anno ebbero mio padre, uomo introverso, molto legato a loro, aveva scelto una sua vita professionale diversa, quella del veterinario che per bravura lo aveva reso molto noto in tutta la zona e nel contempo gli consentiva di seguire gli allevamenti nell’attività di famiglia, dando una mano ai genitori.
Poi pensai a mio fratello che aveva 19 anni, si era diplomato e non aveva voluto continuare gli studi, viveva per la palestra in maniera maniacale, l’abbigliamento trend come mia madre e il computer. Era molto timido e da quello che sapevo, non aveva ancora avuto una ragazza.
Infine, pensai a mia madre e mi agitai.

Era stata ormai una notte insonne, me ne feci una ragione, scesi in cucina per farmi un caffè, vi trovai mio padre e i miei nonni con delle tazze fumanti, mi accolsero festosi e curiosi “Sono le 5 del mattino, che ti succede?” chiese mio nonno con quell’accento strano di un italiano perfetto, ma afono, “Ho preso l’abitudine di svegliarmi presto, preferisco studiare di primo mattino, invece che tirare tardi la notte” risposi, “Come me, il dna non smentisce” aggiunse mio padre, dandomi un sonoro bacio sulla guancia che ricambiai.
Mia nonna mi porse il caffè e mi accarezzò delicatamente la mano, mi chiese se preferivo una fetta di ciambella o l’ultima parte del suo dolce rimasto che avevamo divorato la sera precedente. Preferii il dolce, lei ne fu lusingata e ricambiai accarezzando la sua mano.
Mi tuffai nel dolce e li guardai mentre discutevano su come organizzare la giornata, li guardavo silenziosa e mi chiedevo come si collocasse quello che avevo visto la notte precedente.

In tarda mattinata sentii arrivare mia madre e mio fratello, scesi a salutarli, abbracciai prima mia madre, poi mio fratello, li trovai abbronzatissimi, ma mia madre precisò che erano le lampade della palestra che frequentavano insieme, “Per il sole della Polinesia o dei Caraibi, ormai me ne sono fatta una ragione, la nostra ennesima estate la trascorreremo qui, tra vacche, cavalli e galline”. Notai subito che calzava delle bellissime scarpe con tacco e mi fiondai nel complimentarmi per l’ottimo acquisto, ne fu lusingata e come al solito si protrasse nell’elencarmi: la firma, il negozio, la commessa servizievole ed ultimo il prezzo che doveva servire per definire bene il valore, qualora non si capisse dalle precedenti descrizioni. A me servì per distoglierla dalla solita tiritera di quanto odiasse quel posto.

Con mio fratello ci ritrovammo in camera, avevamo le nostre stanze comunicanti attraverso il bagno, la regola era che le rispettive porte erano socchiuse, quando uno dei due andava in bagno, chiudeva dall’interno la porta dell’altro, evitando così di far entrare l’altro, mentre io o lui eravamo impegnati in bagno.
Le nostre porte in quel momento erano spalancate, avevamo voglia di parlarci, era dalle festività pasquali che non ci vedevamo. Ci scambiammo alcune curiosità, relative ad amici comuni e parenti.
Poi chiesi della mamma, come la vedeva,come stava, mi era sembrata in ottima forma.
Lui aggiunse “Si benissimo, viene in palestra con assiduità, anche se non c’incontriamo mai a causa degli orari diversi, ma mi dicono che lavora con entusiasmo”
“E di Luigi, novità?” chiesi, “E’ scomparso, non si vede più” rispose, “ La mamma cosa dice” insistetti, “Nulla” e indossò la cuffia del pc.
Dialogo finito, il messaggio era chiaro non voleva parlarne, ma non potevo biasimarlo, aveva sorpreso una sera a casa, nostra madre mentre faceva sesso con un cliente della palestra. Era rientrato prima per un imprevisto, li vide e lo videro, ma non si dissero nulla.
Avevo ormai ascoltato diverse versioni dell’episodio, credo che la più reale fosse la prima che mi riferii con dovizia di particolari, addirittura dopo averlo visto continuarono imperterriti a farlo per qualche minuto, poi Luigi imbarazzato volle andar via, mentre mia madre non ne aveva mai fatto cenno, nessun commento, nessuna spiegazione. Dopo la prima volta, il racconto iniziò a diventare più soft e di volta in volta scemava, quasi come se non fosse mai accaduto.

Nei giorni seguenti la vita proseguì tranquilla con i tempi tipici della vita di campagna, spesso improvvisavo miei incursioni nelle stalle o in luoghi che potevano nascondere incontri clandestini, ma non notai nulla di anomalo.
Attendavamo l’arrivo di alcuni parenti da parte di mia nonna (vari cugini con relative famiglie) che abitavano in masserie vicine, per poter iniziare le nostre giornate al mare in una nostra spiaggia privata, dove si andava tutti insieme in modo molto divertente. Nel frattempo davo una mano ai miei nonni e a mio padre ed a volte il pomeriggio accompagnavo mia madre in città per i suoi acquisti.
Un pomeriggio con mia madre ci attardammo, cercava una borsa a sacchetto che aveva visto su una rivista di una nota marca, ma invano girammo in vari negozi e nei posti più impensabili, tutti conosciuti da mia madre. In ultimo si ricordò di un altro negozio e ci affrettammo per evitare di trovarlo chiuso, attraversammo velocemente la strada per non essere investite, raggiunto il marciapiede le scivolò il tacco da dodici centimetri che calzava, feci per tenerla, si sbilancio e cadde all’indietro, prese una bella botta, in pratica cadde seduta, provocandosi un bel livido e a suo dire con gran dolore, non ritenevo avesse nulla di rotto, ma per precauzione volli accompagnarla nel vicino pronto soccorso, dove, dopo una veloce radiografia accertarono che non c’erano fratture, solo appunto lividi e dolore.
Arrivammo alla masseria che era ormai quasi notte, erano già tutti a letto, in macchina avevamo mangiucchiato dei biscotti, quindi una volta arrivate, ci demmo la buonanotte e raggiungemmo le rispettive camere, dove mi addormentai subito.

Mi svegliai con la stanza illuminata da un lampo e subito dopo dal fragore di un tuono, pioveva a dirotto, mi affascinava la pioggia, adoro i temporali, hanno qualcosa di magico e affascinante nello scroscio dei tuoni, nei lampi che illuminano il cielo e presagiscono il rumore che verrà del tuono, la stanza si illuminava continuamente per tutta una serie di fulmini, riuscivo a vedere fino al mare, era uno spettacolo unico della natura. Mentre oziavo incantata, mi accorsi di sentire freddo, avevo solo un lenzuolo che mi copriva, la pioggia aveva abbassato di molto la temperatura, quasi tremavo.
Cercai una coperta nel baule ma non c’era, quindi dovevo cercarla nella parte superiore dell’armadio, in effetti era li, ma era complicato prenderla, ci voleva la scala, essendo una vecchia costruzione il soffitto era molto alto e l’armadio era a muro ed alto quasi a filo del soffitto.
Andare a prendere la scala era impensabile, sarei dovuta andare nel capanno degli attrezzi, quindi decisi di appoggiare una sedia all’armadio, vi salii, appoggiai un piede sulla spalliera, ma non ancora ci riuscivo, salii con l’altro piede. Avevo tutte e due i piedi sulla spalliera di una vecchia sedia di paglia, mi sporsi ancora un po’ e in bilico, in punta di piedi, riuscii con le dita a toccarla, la spostavo con i polpastrelli, tentavo di tirarla verso di me per prenderla, ma invano. Mi trovavo con metà del corpo e con la testa sbilanciata all’interno dell’armadio, quasi a ridosso della parete appoggiata al muro. Sentii delle voci provenire dalla camera di mio fratello, c’era la televisione accesa a volume alto, poi sentii un lamento, “piano, fai piano, da dietro mi fai male, ahhia, non capisci? ho un livido, fai piano, sono appena caduta”.
Mi sporsi incuriosita per avvicinarmi meglio alla parete, “aspetta sto venendo” la voce di mio fratello, ed ancora “mi fai male, ti prego” sembrava la voce di mia madre. Feci per avvicinarmi e sentire meglio, ma all’improvviso un tuono fortissimo mi distolse, spaventandomi, mi sbilanciò, mi aggrappai alle coperte, sentivo con la punta del piede più distante, la sedia inclinata che stava scivolando, poi cedette e cadde rumorosamente ed io sopra trascinandomi alcune coperte, oltre alla mia, alle quali avevo chiesto appiglio.
Mi trovai rovinosamente a terra.
Sentii accanto dei rumori, dei passi a piedi nudi.
Tentai di alzarmi, ma ero incastrata nella sedia, tolsi le coperte, arrivò un altro lampo e un tuono, mi rimisi in piedi, corsi alla porta del bagno, era chiusa dall’interno, la strattonai, ma era chiusa.
Corsi alla porta della mia camera e la spalancai, guardai nel corridoio, ma non c’era nessuno.
Aprii la porta della camera di mio fratello, era a letto con la tv accesa, mi chiese con lo sguardo cosa volessi, non sapevo cosa dire, volevo chiedere dove fosse nostra madre, visto che mi era sembrato di sentire la sua voce, ma non potevo, riuscii solo a dire “cosa fai?”
e lui “vedo la tv”,
“ certo” risposi imbarazzata, chiesi “hai sentito nulla”,
e lui “no, perché”,
“sono caduta”,
“e come ? ti vedo bene, adesso chiudi la porta, voglio dormire”.
Chiusi la porta e stavo tornando in camera, sentii qualcuno alle mie spalle: “cosa è successo? ho sentito un forte rumore”, era mio nonno.
“Nulla, tranquillo nonno, avevo freddo e stavo prendendo una coperta, ma mi è caduta la sedia”,
“Spero non ti sia fatta nulla”,
“No, nonno, tutto ok, torniamo a letto, buonanotte”,
“Buonanotte” rispose, e s’incamminò per la sua camera.

Mi piaceva sin da bambina, lasciar cadere delicatamente i biscotti nella tazza del caffelatte e guardarli mentre s’immergevano, ne avevo già mangiati due ed ero al terzo di quella mia prima colazione. Pensai alla notte precedente, ero sicura di aver sentito mia madre in camera di mio fratello e la cosa più scioccante, l’immaginavo in una situazione equivoca, anche perché mio fratello aveva reagito in modo strano, non aveva sentito nulla, mentre mio nonno dalla parte opposta del corridoio aveva sentito la mia caduta.
Un tempo, o meglio solo alcuni giorni prima, avrei preso tutto per buono, le voci provenienti dalla camera di mio fratello le avrei confuse con la televisione accesa su un film porno.
Ma dopo aver visto con i miei occhi mio padre scopare con mia nonna, erano scomparsi i miei filtri, quelli che abbiamo tutti, che ti fanno vedere quello che vuoi e ti fanno dimenticare o non vedere ciò che non ti piace e pensai subito che mio fratello stava facendo sesso con mia madre, non poteva essere un attrice porno che si faceva penetrare da dietro, con il culo pieno di lividi a causa di una recente caduta e con la voce simile a quella di mia madre, no, non era possibile tutta questa coincidenza.
Ma guardando in questo modo la realtà, mi chiedevo, cosa significasse tutto questo.
Io che mi facevo tante morali per aver preferito la razionalità di una futura carriera, relegando il sesso, non a una storia di amore e passione che avrebbe comportato distrazione, ma puro sesso con un conoscente, un amico ben dotato che con tanta fantasia riusciva a farmi godere per un intero pomeriggio o magari un’intera notte. Mi eccitavano le sue fantasie che mi origliava mentre mi leccava o toccava delicatamente, si prolungava per ore in questo esercizio di continuo godimento. Fabio m’immaginava in una camera con tre o più uomini che mi leccavano e penetravano alternandosi, mentre io eccitata partecipavo attivamente e lui si masturbava, godendo del nostro piacere.
“Hai deciso d’ingrassare? e da un po’ che sto contando i biscotti, questo è il quinto”, era mio padre,
sorrisi, “No, tranquillo, ho solo saltato la cena ieri sera e quindi ho fame, sto semplicemente compensando”,
sorrise, “Bene, questo significa rispettare un proprio equilibrio interiore, brava”, mi accarezzò sulla spalla, mentre sopraggiunse mia madre “Buongiorno, latte e coccole” esclamò ridendo, mi mise la mano sull’altra spalla ed aggiunse “Sei sempre più bella, l’equilibrio da medico te l’ha inculcato tuo padre, ma per la bellezza è me che devi ringraziare” e fece schioccare un sonoro bacio sulla mia guancia.
Le chiesi come stava e mi rispose “Bene, se tocco il livido mi fa male, ma credo sia normale, sono costretta a stare in piedi perché se mi siedo sono dolori, ma passerà”,
chiesi poi, “Avete sentito il temporale stanotte?”,
rispose mio padre: “Si, ho dovuto attendere che terminasse di piovere, mi sono attardato nella stalla vicina al fiume per medicare una capra che si è azzoppata, non smetteva più, ero a piedi, poi finalmente sono riuscito a rientrare”, poi guardai mia madre, che distolse lo sguardo e disse “Non ho sentito nulla, avevo preso dei calmanti per il dolore” e si allontanò.

Da tempo memorabile, tutte le estati si andava al mare in una nostra spiaggia privata. Rientrava nei grandi possedimenti dei miei avi, che poi erano stati divisi nelle successive successioni, questa spiaggia apparteneva alla famiglia di mia nonna. Non era mai stata divisa nonostante ognuno detenesse una piccola quota. La spiaggia aveva una sabbia fine e bianchissima ed era incastrata tra alti muraglioni, aveva due sole possibilità di accesso, via mare oppure tramite una strada interna molto ripida e scoscesa che portava direttamente alla masseria distante circa dieci km, era stata solcata per anni dai muli utilizzati per scendere al mare, poi sistemata alla meglio da mio nonno ed allargata in modo tale da consentire il passaggio di un vecchio furgone Ford.
Spesso a causa delle piogge qualche frana mutava il percorso e quindi o si solcavano con attenzione i detriti oppure si cercavano percorsi alternativi nella vegetazione, il tutto per un percorso costellato di salite e curve che portava dal livello del mare ai 600 metri di altitudine della collina dove si ergeva la masseria.
Su questa spiaggia vi accedeva tutta la famiglia di mia nonna con vari parenti, i suoi cugini, mogli e rispettivi nipoti, ovvero zii e cugini di mio padre. Era bello ritrovarsi ogni anno, mia nonna era molto legata alla sua famiglia di origine e amava intrattenersi con loro, con i quali aveva un profondo legame.
Nel mese di agosto veniva organizzato un vero e proprio servizio navetta, tutti i giorni il furgone guidato dal fattore, dal figlio o a volte da mio nonno, faceva la spola più volte per accompagnare al mare tutti noi e per poi riprenderci ad ora di pranzo e a sera.
Il furgone aveva tre file di sedili e veniva utilizzato da mio nonno in inverno per accompagnare gli operai nei campi e durante l’estate lo usava per scarrozzare, appunto tutti noi.
A volte in alcuni ritorni, dal mare alla masseria, era riuscito a portare 13/14 persone, seduti uno sull’altro, era un viaggio di baldoria e risate, stipanti sotto al sole, era la parte più divertente, c’erano delle salite ripidissime da fare in prima marcia, con la strada piene di buche e quindi ci sballottava e saltellavamo mentre qualcuno raccontava barzellette, si ironizzava oppure se era ora di pranzo, quindi affamati, giocavamo di fantasia nell’immaginare il menù del pranzo preparato dalla moglie del fattore, ottima cuoca, mentre alcuni pregavano sulla rapidità del percorso e sul silenzio di tante provocazioni.

Un giorno di fine agosto, le vacanze stavano per concludersi, ormai mancavano due giorni al rientro per le rispettive attività, eravamo al mare sulla nostra spiaggia in una magnifica giornata di sole, il mare era calmissimo, c’era una leggera brezza che rendeva piacevole la giornata, mentre si dialogava divertiti tra tutti noi in acqua o all’ombra degli ombrelloni. Eravamo molto legati, molto diversi, per attività ed interessi personali, ma in quel luogo riuscivamo ad integrarci in modo meraviglioso.
Il furgone aveva già fatto un viaggio per portare altri componenti della famiglia alla masseria, eravamo in attesa per l’ultimo viaggio prima del pranzo, sotto un’enorme tettoia.
Arrivò e salimmo, eravamo sette persone per due file di sedili, la terza fila, quella di dietro era stata tolta per consentire di caricare alcuni oggetti utilizzati per il mare e che man mano venivano riportati alla masseria (motori di gommoni, salvagenti, sdraio ed altro materiale simile), quindi, eravamo costretti a sederci gli uni sugli altri per far salire tutti.
In genere gli uomini o le donne più corpulente tenevano gli altri seduti su di se. A me toccava sempre stare seduta su altri, mi sembrava di essere rimasta bambina, infatti mi sedevo sempre su persone anagraficamente più grandi di me.
Mi sedetti sulla moglie del fattore, bella persona ironica e sempre allegra, il furgone iniziò in prima marcia lentamente il percorso in salita, eravamo sedute al centro del sedile, alla mia sinistra c’era una mia prozia anziana e molto grossa seduta da sola, poi con la coda dell’occhio intravidi alla mia destra mia nonna. Ero seduta dandole le spalle, ma dal pantaloncino e dalle gambe sotto di lei riconobbi mio padre. Mia nonna era seduta su mio padre. Per come ero posizionata iniziai volutamente a dialogare con questa prozia, quindi coinvolsi la cuoca e nessuno guardava dalla parte di mia nonna.
Mentre il furgone s’inerpicava per le salite, si saltellava sulle buche e questo ci sballottava, quindi veniva naturale muoversi sul sedile, durante i quali, riuscivo a guardare furtivamente mia nonna, che sembrava presa nel guardare la strada. Il tragitto continuò così, dialogavo e ad ogni scossone, ci muovevamo ed io furtivamente davo un’occhiata senza essere vista, ma era tutto tranquillo. La cuoca ad un certo punto volle ricordarmi un suo segreto sul suo tiramisù che era eccezionale, anzi volle precisare, è bene che ti spieghi adesso come faccio, altrimenti lo dimentichiamo e chissà quando avremo occasione. L’ascoltavo con attenzione, ad una curva mi girai furtivamente a guardare, ma nulla, tornai a guardare la cuoca ed ascoltarla. Continuai per un po’, poi altro scossone, altro sguardo furtivo, nulla e tornai al mio dialogo culinario.
Poi ebbi un sussulto, rividi nella mente l’ultima immagine che avevo colto in mia nonna, mi destai, avevo notato in modo impercettibile che aveva gli occhi chiusi. La cuoca continuava nella sua descrizione ed io chiedevo per far intendere che partecipavo al dialogo, poi guardai la strada, il furgone stava giungendo ad un tornante in salita che avrebbe percorso in velocità per non perdere la spinta, quindi iniziò la curva, fummo sballottati. Immediatamente rivolsi lo sguardo a mia nonna che aveva gli occhi chiusi ed il viso contratto, mio padre coperto da mia nonna non riuscivo a guardarlo, mi soffermai per un millesimo di secondo e da come erano seduti intuì che la stava penetrando, poi percepii un leggero movimento di mia nonna e ne ebbi la certezza.
Mi raggelai, nonostante il caldo, non sapevo cosa fare, la cuoca continuava a parlare ma non capivo, mi guardava, ma non riuscivo a rispondere, poi ad un tratto il furgone si fermò.
“Che ti succede” mi chiese la cuoca,
“Io nulla, perché ci siamo fermati?” le chiesi.
“Siamo al forno”, mi rispose ed aggiunse “tutto bene?”.
“No, ho bisogno del bagno, ne approfitto”,
“vai, vai ” e scesi.

A metà percorso, dal mare alla masseria, spesso si faceva una deviazione di un km per raggiungere un forno sulla statale, dove vendevano del pane cotto a legna che era eccezionale, a quell’ora c’era l’ultima sfornata della mattina e ne approfittavamo spesso per prenderlo caldo. Spesso si saltava quella tappa perché i salutisti dicevano che era talmente buono che una pagnotta di 4 o 6 kg durava pochissimo, ma eravamo a fine vacanza, quindi qualcuno aveva chiesto una deroga alla dieta, visto che per lungo tempo ne avremmo apprezzato solo il ricordo.
Scesi dal furgone e mi diressi nel bagno del locale che conoscevo bene.
Entrai in bagno, mi lavai il viso con acqua fredda e mi guardai allo specchio, ero sudata e bianca in volto, ero confusa. Non capivo la mia sensazione, non sapevo spiegarmela. Cosa provavo? dolore? piacere? gelosia? non lo sapevo. Di certo ero confusa.
Uscii dal bagno e mi diressi al furgone, erano tutti fuori, attendevano l’ultima sfornata, mentre qualcuno aveva acceso una sigaretta, notai subito dove era mio padre che parlottava con un suo cugino. Uscii la cuoca dal forno con la busta contenente il pane ed iniziammo a salire sul furgone, mi diressi verso mio padre, mentre notai mia nonna, dalla parte opposta. Salirono alcuni, poi mio padre, quindi io su di lui, ma dietro di me c’erano altre due persone che dovevano salire, altri cugini che si erano avviati a piedi al forno per altri acquisti e che quindi adesso proseguivano con noi, ad un certo punto ci fu un pò di calca attorno alla cuoca, tutti volevano un pezzetto di pane caldissimo da mangiucchiare durante il tragitto, tenevo sempre d’occhio mio padre e facemmo fatica nel sederci, per trovare per ognuno la giusta collocazione, cercavamo sempre di sederci con persone più consone.
Poi finalmente, chiusero gli sportelli e partimmo, ero seduta su mio padre e stretta tra altre persone a loro volta sedute su altre, stavamo stretti, ma riuscimmo a partire.
Indossavo una gonna di cotone nera corta e una camicetta bianca annodata sull’ombelico, sotto indossavo un costume due pezzi, ma in bagno mi ero tolta il pezzo di sotto, mi ero toccata e mi ero accorta di essere bagnata, quindi, l’idea era stata di togliermi lo slip del costume e provocare mio padre.
Appena il furgone iniziò lentamente la salita, iniziai a ritirami la gonna, ero seduta su una coscia di mio padre, man mano che ritiravo la gonna, sentivo il mio clitoride bagnato a contatto con la sua gamba pelosa, approfittavo dei tornanti per far combaciare il mio clitoride sulla sua gamba. Non avvertii nessuna reazione, tutto procedeva come se nulla fosse, dialogavo con chi era accanto a me, ed essendo stretti, non avevo la possibilità di potermi voltare e guardare in volto mio padre, anche perché non volevo farlo, forse ne avremmo parlato dopo, ma adesso volevo provocarlo, ero bagnata, me ne accorgevo da come, anche se in modo impercettibile per non destare sospetti, scivolavo sulla sua gamba, sembrava che generassi burro.
Ad un certo punto il furgone si fermò, il fattore rimise la prima marcia per iniziare una salita ripidissima di qualche km che avrebbe percorso sempre con la marcia bassa su per la strada costellata di buche, quindi iniziammo a saltellare e mi sentivo, come agli altri, sollevare e sbattere, era un continuo sussulto, nel mio caso sulla coscia di mio padre e questo mi bagnava sempre più, ad un certo punto all’ennesimo salto, mentre ero sollevata, avvertii la sua mano sul mio fianco, caddi sulla coscia, per poi rialzarmi per l’ennesima buca, sempre con la sua mano sul mio fianco, quando caddi, sentii la mano tirarmi verso di se, fu un attimo, cadendo mi sentii penetrata, ero incredula nonostante la mia provocazione, non lo credevo così audace. Mi sollevai per un’altra buca e lo sentii uscire e rientrare dentro di me. Ero paonazza, aveva un bel membro, lo conoscevo per averglielo visto più volte, ma non credevo fosse così grande.
Il furgone continuò velocemente il suo tragitto su varie buche e fu un continuo sentirmi entrare ed uscire. Me la sentivo gonfia e dovevo controllarmi perché stavo venendo, ero eccitata e nello stesso tempo contrariata, confusa, non avevo previsto questo e non potevo far nulla, ero a contatto in ambo i lati con le mie vicine che mi davano le spalle, da li a poco sarei venuta, volevo farlo, ma poi? mi sarei controllata? no, troppo rischioso anche se mi sforzavo, di sicuro era il membro più grande che mi avesse mai penetrata, anche lui era molto eccitato, lo sentivo.
Ad un certo punto sentii una risata fragorosa che non capii, una voce, poi un’altra volta la stessa risata, poi la voce, poi la risata, era mio padre, ma non proveniva dietro di me, era di fianco a me, aveva sulle gambe una sua vecchia zia.
Mi chiesi chi mi stesse penetrando, le buche continuavano e saltellando, la penetrazione continuava, ma volevo capire, chi era? avrei voluto girarmi su me stessa, ma sarebbe stato pericoloso, avrei attirato l'attenzione degli altri voltandomi, quindi, senza dare nell'occhio iniziai a guardare chi c'era per escluderli, continuai a guardare e scorsi il suo braccio con la mano che faceva presa sul sedile davanti per darsi forza nel dare i colpi dentro di me.
Rimasi pietrificata, non avevo il coraggio di darmene conferma, osservavo insistentemente quella mano, l’orologio al polso, si lo riconobbi, avevo capito e mi sentii contrarre.
Era mio nonno, non era possibile, come era potuto accadere? Senti un'altra buca ed un altro salto, la mano mi teneva stretta per guidare la penetrazione, ancora un’altra, lo sentii enorme dentro di me, con la mano ebbe dei piccoli movimenti che mi tennero stretta all’ennesima buca, rimanemmo incollati, mentre me lo sentivo esplodere e poi capii che stava venendo, mi tenne ancora più stretta con la mano e avvertii il suo godimento mentre il suo membro mi scivolava, venni anch’io, riuscii a chiudere gli occhi e a stringere i denti per evitare qualsiasi mio sibilo di piacere.
Poi ci fermammo, eravamo arrivati.
Scesi senza voltarmi e corsi verso la mia camera, mentre salivo le scale sentii un rivolo di sperma scendermi per una gamba. Arrivata in camera mi chiusi in bagno e mi sedetti sul bidet, sentii scendere lo sperma.
Ero stralunata, confusa, non so quando tempo vi rimasi perché vennero a chiamarmi per il pranzo, era la cuoca, mi scusai, le dissi che stavo male con lo stomaco, volevo restare in camera, mi disse che sarebbe tornata per vedere come stavo o se avevo bisogno di qualcosa.
Tornai in bagno, notai il bidet sporco di sangue, c’erano delle macchie rosa mischiate a sperma. No, non era il ciclo, prendevo la pillola, non poteva essere, mi toccai e con l’aiuto di uno specchio mi guardai.
La grandezza del membro ed il susseguirsi dei violenti movimenti mi aveva lacerato leggermente internamente, mi lavai con un detergente acido e mi misi a letto.

Trascorsi l’intera giornata chiusa in camera, ci fu un viavai, di quasi tutta la famiglia, mio padre, mia madre, mia nonna, la cuoca, che si preoccuparono. Dissi loro che probabilmente qualcosa mi aveva provocato una leggera gastrite e che l’indomani dovendo ripartire, preferivo riposarmi e cautelarmi per il viaggio. Furono tutti premurosi, mia nonna mi disse che il nonno era preoccupato, le dissi di mandargli un bacio. Non volevo creare sospetti e mi comportai naturalmente come avevo sempre fatto. La colpa era stata mia, ero stata io a provocare, anche se mi aveva scioccata tanta audacia.
Furono tutti amorevoli, la cuoca mi preparò un ottimo yogurt che apprezzai tanto.
Il mattino dopo avevo l’aereo a mezzogiorno, mio padre si era proposto di accompagnarmi, ma sapevo di alcuni suoi impegni e concordai con mia madre, che sarebbe andata dall’estetista alle nove del mattino, quindi avrebbe accompagnato me in aeroporto per poi continuare con i suoi impegni ed anche se sarei arrivata in anticipo, poco importava.
La mattina di buon ora, io e mia madre partimmo per l’aeroporto, trovai tutti a salutarmi, mia nonna si scusò per mio nonno, ma era andato via presto per incontrare un commerciante di grano, mi salutava con un grande abbraccio che mia nonna mi trasferii. Dopo molti abbracci e tanta commozione riuscimmo ad avviarci, era sempre duro ripartire, per circa due mesi, li in campagna la mia vita cambiava, all’inizio era difficile adattarsi, visti i ritmi della città, poi con il tempo si assaporava la piena libertà, l’informalità, la natura, il mare, era molto bello.
La sera precedente aveva iniziato a piovere e si era abbassata la temperatura, quasi a dire, l’estate è finita e il dovere mi richiamava, dovevo ultimare i pochi esami rimasti e dare la tesi.
Mentre commentavo questi miei pensieri a voce alta in auto con mia madre, la notai mentre guidava, strano modo di vestirsi per andare dall’estetista, scarpa con tacco alto, minigonna, camicetta aderente e poi da un disegno delle calze sulle caviglie riconobbi delle calze autoreggenti, le avevamo comprate insieme, le preferivo nere, ma lei aveva optato per il color carne con un disegno sulla caviglia che adesso mi appariva li.
Distolsi lo sguardo e la mia mente divagò, chissà chi doveva incontrare? Luigi? la storia continuava? o c’era un nuovo uomo?
Non volli pensarci, volevo partire, stare lontana e riflettere su ciò che avevo visto e vissuto, mi ero ripromessa di rimandare tutti i miei pensieri a dopo. Era accadute troppe cose ed anche forti, quindi dovevo tornare nella mia dimensione, ritrovare il mio equilibrio, volevo starmene sola, era quello che più desideravo.
Ci salutammo davanti all’aeroporto, presi la valigia, la vidi andare via mentre sventolava una mano fuori dal finestrino ed entrai da uno degli ingressi.

Non avevo fretta ero ormai arrivata con largo anticipo, c’era tanta gente che partiva, era molto affollato, salutai piacevolmente alcune conoscenze, poi di spalle intravidi un abito noto, una giacca di ottima fattura, di sicuro lo conoscevo era davanti a me e mi sporsi per vederlo meglio, ma ormai era troppo tardi, non potevo andarmene come avrei preferito, era mio nonno.
Capii subito che era li per me, si voltò e mi venne incontro, con voce ferma mi chiese se potevo fermarmi qualche minuto, dovevamo parlare. Risposi imbarazzata, dissi si, ho l’aereo tra un po’, abbiamo il tempo per un caffè, non era vero, ma non volevo trattenermi.
Ci sedemmo ad un tavolo di un bar, ordinammo, lui un caffè, io cappuccino e cornetto, fame nervosa la definii, ma non me ne importava.
Iniziò a parlare con voce tremante, la sua voce aveva perso smalto, era imbarazzato, paonazzo, non lo riconoscevo “La famiglia è sempre stata la mia vita e sono due giorni che non mi do pace per ciò che è successo”.
Lo guardai, accennai una frase ”nonno, mettiamola così, non so perché è successo ed anch’io non mi do pace c’è stato un misto di equivoci e poca razionalità ”.
Mi fermò e disse “l’ho capito, ho capito che è stata una cosa nata li, ho visto come ti sei irrigidita quando hai fissato il mio orologio, non ero io che dovevo essere sotto di te in quel momento, forse ti aspettavi il figlio del fattore, ma non m’importa, ho bisogno solo di dirti due cose molto importanti che devi sapere, poi possiamo chiudere questo argomento e tornare ad essere, mi auguro, nonno e nipote”.
Mi irrigidii, il figlio del fattore, ma quanto mai? non ricordavo di averlo visto sul furgone, poi acuii i pensieri, si, in effetti, era salito al forno e forse era seduto davanti a noi, accennai un no con la testa, e dissi “no, aspetta”, ma volle continuare.
“Fammi finire ciò che ho da dire. Stai alla larga da quel ragazzo, il padre è una brava persona lo conosco bene, lavora con noi da circa vent’anni, ma il figlio è tutt’altra cosa, beve tanto e frequenta continuamente prostitute. Il padre si dispera invano, quindi, non è la persona più indicata per te, anche solo per giocarci, stai alla larga da lui e comunque prendi le tue precauzioni”.
La cosa stava prendendo una piega assurda, non mi piaceva questa morale e non mi andava di coinvolgere persone che non c’entravano nulla, volevo bloccarlo, ma lo avevo già interrotto una volta e ricordando il carisma di quest’uomo che inculcava in tutta la famiglia, stetti zitta. Durante pranzi, feste o incontri tra famigliari nel continuo vociare, tutti parlavano, ma quando parlava lui, zittivano tutti e si sentiva solo la sua voce forte e ferma, quindi, naturalmente decisi di farlo continuare, mentre mentalmente, tentavo di costruirmi una logica di discorso, non volevo incolpare persone innocenti.
Continuò: “C’è poi la seconda cosa che devo dirti, non spetterebbe a me raccontartela, ma vista la situazione, sono costretto, so che non sai nulla, ma viste le circostanze”.
Con il cornetto mi stavo strozzando, ebbi un colpo di tosse, ripresi respiro, ingurgitai il cappuccino, pensai a ciò che mi stava dicendo, mi stava raccontando della relazione tra mio padre e mia nonna, cioè la moglie, mi guardai intorno, cercai una tabella degli orari, tentai d’inventarmi un imbarco immediato, guardai l’orologio,
“ho finito” aggiunse, “tuo padre è per me, la vita, la persona più importante insieme a tua nonna e sono orgoglioso di lui”.
Dove voleva arrivare?, mi chiesi, accennai ascolto con la testa e continuò:
“Devi sapere, che io e tua nonna per anni abbiamo desiderato un figlio che non arrivava, poi finalmente rimase incinta, ma la gravidanza si presentò complicata, comportava lunghi periodi di degenza a letto. Dal momento che un figlio si fa una volta nella vita, in accordo con i suoi genitori ancora vivi all’epoca, io e tua nonna trascorremmo gli ultimi tre mesi in una clinica privata in città, aveva bisogno di riposo ed insieme, ottenemmo una camera dove trascorremmo tre mesi meravigliosi.
Finalmente nacque un bambino, ma ci dissero che a causa di una grave malformazione dopo pochi minuti era morto”.
Lo guardai incredula, decisamente stavo trascorrendo dei giorni emozionalmente molto forti e sicuramente li avrei ricordati per tutta la vita, dovevo solo avere la forza di reggere quel momento per poi partire e starmene un pò da sola, continuai ad ascoltarlo:
“Ci avvicinò un medico e ci riferii, che una ragazza madre aveva appena partorito, ma lo avrebbe abbandonato o meglio non lo voleva con se, perché frutto di una violenza subita e quindi questo bambino sarebbe finito in orfanatrofio. Questo medico era rimasto colpito da come ci eravamo prodigati e con quanto amore aspettassimo questo evento, ci disse, che poteva scambiare i neonati e nessuno l’avrebbe saputo. Accettammo e tornati a casa non raccontammo nulla a nessuno. Dopo alcuni anni, tua nonna in età adulta, volle raccontare la verità a tuo padre”.
Poi ci fu silenzio, non dissi nulla, squillò il suo cellulare, iniziò a parlare e questo ruppe l’atrocità del momento, avevo un blocco che partiva dallo stomaco, non riuscivo a muovermi, ero pietrificata, non sapevo più quale espressione del volto assumere, poi chiuse la telefonata, ed aggiunse:
“Ciò che è successo tra noi, è stato frutto del fraintendimento e non dovrà condizionarti, ma sappi che non hai fatto sesso con tuo nonno, non c’è stato incesto, Woody Allen ha sposato la figlia adottiva della sua compagna che era anche sua figlia ed il mondo l’ha accettato. Tu, tuo fratello, tuo padre, tua madre e mia moglie, cioè tua nonna, siete la mia vita e non intendo rinunciarci. Non sono stato un santo e tua nonna me ne ha perdonate tante quando eravamo più giovani, sei libera di non rivolgermi mai più la parola, ma non distruggiamo la nostra famiglia.”

Ero seduta accanto al finestrino, il sole era forte mentre l’aereo sorvolava una spianata di nuvole che sembravano panna montata e che presagivano probabilmente tanta pioggia sotto di noi, ripensavo a ciò che mi aveva detto mio nonno …
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